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Il giudizio altrui.

Immagine del redattore: Beatrice BiancoBeatrice Bianco

Accade talvolta che diamo il consenso, ovvero aderiamo alla volontà altrui, senza passare attraverso il giudizio. Ne derivano confusioni, convinzioni e misconoscimenti.

Es. Carla mi racconta che ha iniziato una nuova attività di lavoro come insegnante presso una scuola, gli allievi sono contenti, i genitori si complimentano con lei per la passione che dimostra e soprattutto perchè non hanno mai visto i figli così interessati a quella materia. Per caso Carla sente il Preside dire ad un collega: “Carla è una rompiscatole, sempre a chiedere di fare fotocopie, di comprare materiale scolastico, ma chi si crede di essere!”. In quel momento Carla riferisce che le cade il mondo addosso, inizia a disperarsi e non riesce più a lavorare, tanto da arrivare a chiedere il trasferimento. Questa frase “Carla è una rompiscatole” le crea confusione circa il giudizio che lei stessa aveva prima fornito: “Sono soddisfatta del mio lavoro”, si convince di essere veramente una rompiscatole e misconosce la bontà del suo lavoro.

Come mai accade che, invece di passare attraverso il giudizio, aderiamo in modo così incondizionato ai pensieri altrui? Ovviamente è accaduto qualcosa che ci ha fatto perdere la competenza, qualcosa ci ha disorientati.

Si tratta di riabilitare quel giudizio attraverso un lavoro, per far sì che l’eventuale adesione o meno ad un enunciato altrui, si esplichi attraverso un giudizio di assenso, e non di consenso.


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