In un’epoca in cui “il fare” la faceva da padrone, ora ci troviamo in una dimensione in cui ci è chiesto di “non fare”.
E’ questo un momento di riflessione per tutti noi che ci possiamo finalmente fermare, e domandare, relativamente al nostro abitudinario affacendamento quotidiano.
La prima questione che possiamo porci è relativa al ‘centro’ del nostro fare, era un fare dettato dall’esterno o dall’interno?
I miei impegni si susseguivano l’un l’altro in modo automatico senza una direzione interna? Oppure il ben-essere mio e dei miei altri era al centro di ogni mio fare?
Questa è l’occasione per iniziare a ri-pensare il proprio moto.
Mi muovo per cosa?
Per soddisfare una serie di doveri imposti o auto-imposti, oppure mi muovo per la mia e altrui soddisfazione?
La seconda importante questione che possiamo porci è questa: qual è la meta del mio fare? Cosa voglio conquistare con il mio fare quotidiano?
Qui l’elenco potrebbe essere infinito, vi lascio alcuni esempi chiarificatori. La rincorsa quotidiana potrebbe avere come meta il ‘tirare avanti’, ‘sopravvivere’, gli impegni quotidiani sono così il modo per andare a ‘coprire’ una sensazione di disagio interiore, che il non fare porterà inevitabilmente alla luce.
Oppure la mia meta potrebbe essere conquistare una prestigiosa posizione lavorativa, pertanto il ‘non fare’ odierno potrebbe portare ad una crisi dell’identità, un po’ come accade a coloro che vanno in pensione.
Se il mio fare era già ben orientato verso la soddisfazione, alloro questo periodo sarà semplicemente sostituito da un fare differente nelle azioni da compiere, ma equivalente nella pratica soddisfacente.
Se anche a te è capitato di riscontrare delle difficoltà in questo periodo, allora non perdere tempo e approfitta di questa occasione per RI-pensare un fare diverso.
Se da solo non riesci, prenota una visita online:
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